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domenica 30 luglio 2017

"Chiuso a Tempo Indefinito"




“Chiuso a tempo indefinito”

Il cartello se ne stava là, appeso alla porta di legno come un topo morto, sporco di fango, coperto di polvere e semi marcito per via delle intemperie. Penzolava da un piccolo chiodo piantato forse qualche mese prima, forse qualche settimana, forse di più. In ogni caso, la porta era chiusa. 


Sono seduta sul sedile del camper, quello che dà sulla dinette di legno dove appena dietro si trova la cucinetta. Davanti a me il computer è aperto e la tastiera mi invita a scrivere. Voglio provarci, perché questo blocco dello scrittore è durato fin troppo a lungo. 
Mi sono resa conto di non avere mai parlato di ciò che è successo da Settembre a Marzo quest’anno. O quello scorso, a seconda di come si voglia considerare. In realtà, ancora non so come parlarne. 
Sono in viaggio ora, in un viaggio del quale forse non avevo troppo bisogno ma che, dopo un’altra brutta avventura sentimentale, forse era quello che mi serviva per non chiudermi di nuovo nella frenetica routine del lavoro. E’ facile, se vuoi, chiudere i battenti col cervello occupandolo delle più assurde piccolezze. Finché non ti trovi mano a mano con te stessa, a guardare fuori da un finestrino e da sola con la tua testa.
Chiuso a tempo indefinito. Mi sono sentita così per lungo tempo da settembre a marzo, più che altro non perché non ci fosse nulla di eclatante in ballo - anche se in realtà così era - ma perché non ero più in grado di fare nulla. Non so bene come sia cominciato, ad un certo punto tutto ha iniziato a scendere in una spirale che non si fermava più. 
Per farla breve ad Agosto avevo conosciuto una persona - che avevo poi aspettato fino a Dicembre inutilmente. La mia autostima non riusciva a stabilizzarsi e andava peggiorando - per tutta una serie di ragioni che mi rendevano più insicura, e insicura, e insicura fino a che non ci fu più niente su cui basarsi. 
Non sono il tipo di persona che piagnucola sui suoi problemi o semplicemente si siede e si lamenta. Generalmente mi faccio un culo quadrato per combattere le situazioni avverse o comunque cercare una qualche soluzione. La mia grande frustrazione derivava infatti dai miei tentativi continui, facendo sempre più fatica, per forzarmi di provare e riprovare prendendomi tante di quelle sprangate sui denti che a volte veramente non sapevo che cosa fare.
Ma detta così sembra quasi che fosse solo una questione sentimentale. 
Non era così. Non voglio entrare troppo nel personale nel merito di alcuna di queste situazioni, ma per farla breve c’erano anche delle questioni economiche in ballo. Lavoro che mancava, paragoni continui con alcuni dei miei compagni e colleghi, tentativi su tentativi di guadagnare in qualsiasi modo il mio lavoro freelance permettesse, finché ad un certo punto mi ritrovai in una spirale di clienti senza soldi che cancellavano letteralmente la notte prima o il giorno stesso lasciandomi nella più completa disperazione. 
Mi identifico molto nel mio lavoro, quindi quel fallimento per me si ripercuoteva nella mia autostima già gravemente danneggiata. Oltretutto, la mancanza di fondi si riportava in un incubo ancora più incombente per me: la minaccia di dover tornare a casa e buttare via tutti quegli anni di fatica e di impegno che mi avevano portato in quel paese dove oramai c’era tutta la mia vita e tutto quello che mi ero costruita. 
Ricordo tutte le notti in cui mi ripetevo - mentre cercavo di respirare lentamente e anche solo di dormire perché l’ansia era come una prigione - il mio mantra che ‘domani è un altro giorno’, mentre la mattina trovavo un messaggio o una email nel cellulare cancellando il lavoro della giornata o dandomi una cattiva notizia. Avevo letteralmente paura di svegliarmi. Penso senza esagerare di aver perso il conto delle mattine in cui mi mordevo forte le guance per non piangere e forzarmi fuori dal letto a fare qualcosa. Qualsiasi cosa. Dal nulla non viene nulla, e lo so bene, per questo cercavo di continuare a fare. Nel mentre perdevo tutti gli amici per via del lavoro, del mio umore, e uscivo con troppe persone per poter davvero coltivare delle amicizie sincere bensì solamente delle conoscenze prive di valore. Al punto che quando avevo davvero bisogno di qualcuno non sapevo proprio da chi sarei potuta andare. Ed in Italia mi si poteva stare vicino solo fino ad un certo punto. 
Una serie di altri fallimenti sentimentali, lavorativi, personali, confusione, rabbia, frustrazione dopo mi resi conto che non c’era più niente rimasto. Realizzai che avevo smesso completamente di sentire qualsiasi cosa. Non provavo più nulla, la disperazione - perdonatemi la figura così drammatica ma sto cercando di essere sincera - era diventata così profonda da essersi trasformata in un buco nero che assorbiva tutto ciò che lo circondava. Sogni, speranze, emozioni, ricordi, amicizie incluse. Mi accorsi di stare fingendo tutto. Quando avrei dovuto essere entusiasta, o i miei amici lo erano, mi adeguavo nel tentativo di convincere me stessa di quell’emozione senza provarla davvero. Sorridevo e mi rendevo conto di non stare sorridendo sul serio. O ridevo e non trovavo nulla divertente. Parlavo e fingevo interesse per qualsiasi cosa capitasse a tiro. Fingevo interesse per cose delle quali una volta mi importava incredibilmente. 
Ma non era rimasto niente. 
E mentre realizzavo quell’orribile realtà - perché fidatevi, non c’è nulla di più terrificante del nulla assoluto - intravedevo l’altra faccia della medaglia: dal nulla passavo a picchi di tutto. Duravano all’incirca una ventina di minuti in cui tutte le emozioni che non avevo provato per qualche giorno mi cadevano addosso come un pianoforte dal centesimo piano. Tutte assieme. Una volta mi successe mentre il mio migliore amico era in stanza con me. Ricordo perfettamente che mi resi conto che stava per succedere e mi ammutolii, perché non sapevo che cosa fare. Mi appallottolai sul letto, non avevo idea di come gestire quell’ondata di tutto che mi era arrivata addosso come una valanga. Il mio amico mi chiese che stesse succedendo e che cosa potesse fare, ed io non fui nemmeno in grado di rispondere. 
Tutto ciò andò avanti fino a inizio Febbraio, dopo un Natale passato a Londra da sola per via della mancanza di fondi per poter tornare a casa, e un tentativo disperato di attendere che l’industria cinematografica si riprendesse dopo il solito morto inverno. Ma la mia salute psichica, che sembrava comunque essere migliorata nel periodo Natale/Gennaio grazie ad alcune persone, precipitò di nuovo dopo un mese. 
Youtube, nel frattempo, mi rendeva insicura. Mi sentivo di non andare da nessuna parte e di non stare intrattenendo ed aiutando tutte quelle persone che mi avevano seguito per tutti questi anni. Di non crescere, di non valere. Di fare tanta fatica e risparmiare tempo per mantenere quel lavoro che avevo fatto per così tanto tempo senza davvero andare da nessuna parte. 
Ricordo che chiamai mia mamma - la mia roccia in tutti questi momenti di crisi - perché avevo davvero raggiunto il fondo. Non sapevo più che cosa fare, ero disperata. Lei mi calmò, e quel giorno presi un volo dell’ultimo minuto per tornare a casa il mattino dopo. Una cosa che non avevo mai fatto prima nella mia vita, ma che sapevo avrei dovuto fare. 
Il tempo a casa mi portò via dal lavoro continuo al quale mi ero sottoposta per la paura di ritrovarmi nella situazione precedente, spaventata e senza speranze. Parlai con i miei familiari, le mie migliori amiche, e piansi quando dovetti ritornare a Londra, perché avevo paura. Ma tornavo con la consapevolezza di dovercela fare. E che potevo farlo solo io. 
Nulla era cambiato, ma sapevo di non avere scelta. E così tornai e, come al solito, ripresi a farmi il culo. Perché alla fine col cazzo che mi arrendo. Anche nel mezzo di quella situazione, con l’aiuto delle persone che per fortuna avevo ancora attorno, non era la fine. Era la fine solo quando era la fine. E non era allora. 
Frase da scatoletta dei cereali o fondo della zuppa o cioccolatini o come preferite chiamarla, ma era vero. 
Feci delle scelte drastiche, rivalutai certe cose nella mia vita e - con fatica e lentamente - ripresi il ritmo della ruota della mia esistenza. Caddi tante di quelle volte che mi sorprendo di non essermi rotta qualcosa nel frattempo - guarda come vado di paragoni figurati - ma ero ancora là. E ve lo dirò, all’inizio ero abbastanza sola. O meglio credevo di esserlo perché avevo - nel frattempo - allontanato tutti quanti chiudendomi nella mia solitudine. Ma chiesi scusa, e tornai. E molti - le persone che avevo scelto o che comunque avevano scelto me - tornarono. E non se ne erano davvero andati. Stavano aspettando. Ma il fatto che mi scusai fu molto importante. Il mio malessere non era una giustificazione, era solo una motivazione. 
Il lavoro, un po’ per fortuna purtroppo come sempre è in questi casi e un po’ per via del fatto che mi ero data da fare come non mai, cominciò a tornare da me, offrendomi delle occasioni incredibili come il progetto assieme a Enrico Franceschini per La Repubblica, dei servizi fotografici davvero interessanti ma soprattutto l’opportunità di tornare stabilmente a lavorare nel set ora che l’industria era partita. Ricominciai. E ricominciai davvero.
Fu come tornare a respirare di nuovo, almeno un po’, dopo essere stata mesi in apnea. 
Adesso non romanticizziamo, però. Ancora adesso ho dei momenti molto bui, in cui non penso nemmeno si possa definire con la parola esistere perché siamo a dei livelli inferiori a quello, però si alternano a un resto migliore, con delle persone accanto a me, dei progetti e una speranza che nonostante venga spesso e volentieri maltrattata e calpestata coltivo con impegno e cerco di mantenere viva. Non so cosa farò tra una settimana, tra un mese, se i miei progetti vedranno mai un fine, se tutte le orride cose successe quest’anno passato ricapiteranno di nuovo e dovrò averci a che fare una volta ancora. Non lo so. Non so cosa succederà. Non va tutto bene, e sono molto brava a trovare motivazioni per le quali le cose non dovrebbero andare bene o nuove ragioni per cui preoccuparmi. Il mio cervello mi conosce bene. 
Ma tutto questo papiro era per dire che ho toccato il fondo un’altra volta - ma fondo fondo, fondo che non si vede un cavolo che guardi su. Ho toccato con mano una depressione con la quale non avevo mai davvero avuto a che fare prima. Sono tornata in terapia, ho ripreso ad usare dei farmaci che punto ad abbandonare relativamente presto appena sarò in grado di farcela per bene da sola. 
Ma sono qui e se le cose vanno male non significa per sempre, e non significa che resterò da sola o che non valgo niente o che è la fine del mondo. 
E’ la fine del mondo quando lo deicidi io. Ed abbiamo un infinito potere decisionale, su come ci sentiamo.
Libri come “The Subtile Art of Not Giving a Fuck” e la meditazione guidata di app come “Calm” e “Headspace” o anche solo quelle che si trovano su Youtube mi aiutano tutt’ora a non cadere nella spirale dei miei pensieri ma a lasciarli andare, quando ci provo. 
Insomma, ero chiusa a tempo indeterminato ma credo di aver riaperto i battenti da Aprile a questa parte. La vita è stata generosa a sufficienza con me da- no, che sto dicendo, io sono stata brava. Io ho incontrato le persone che ho incontrato grazie a me stessa, io ho raggiunto i miei traguardi grazie a me stessa anche se non da sola. Sono ancora molto convinta che con i giusti alleati tutto sia superabile nella vita (Harry Potter insegna). 
Ho qui la mia famiglia, i miei amici stretti - nuovi o di sempre - e le nuove persone che ho trovato e hanno trovato me. Ho girato un nuovo corto - prova di concetto per una serie - lavorato su set incredibili, sto per partecipare di nuovo alla Summer in the City, ho lavoro su una serie tv per bambini della NBC Universal fino a Marzo e un nuovo film in progetto per la laurea dell’anno prossimo. Cuore aperto di nuovo da qualche settimana, e chissà. 
Chiuso a tempo indeterminato, il cartello ce l’ho ancora in caso mi dovesse servire, ma per ora ho pulito il locale e girato la chiave nella serratura per ricominciare l’attività. O meglio, lo ho già fatto. E tutto questo comprende anche Youtube. 

Appendo timidamente il nuovo cartello: Aperta nuova attività.